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La Danza Orientale secondo Focus. Ombelichi al vento

Immagine del redattore: Asd Belly Dance StaffAsd Belly Dance Staff

Danza del Ventre, Danza Orientale, Belly Dance

Spesso sui media italiani si parla di danza del ventre, pochi di questi articoli li trovo ispiranti, tra questi vorrei condividere il dossier scritto dal giornalista Matteo Liberti per la rivista Focus. Riportiamo qui il testo integrale, arricchendolo di foto, visto che l'articolo originale, non ne presenta quasi più.


Ombelichi al vento: le origini della danza del ventre

La danza del ventre è oggi di gran moda in Europa. Ma qual è la sua origine e il significato dei suoi movimenti? Ne parla Focus Storia nel numero 18, in edicola dal 25 gennaio.


Un concorso internazionale di danza orientale a Belgrado: oggi questa danza è di moda in tutto l'Occidente. Le sue movenze imitano le forme e i ritmi della natura, ma anche il parto e l'atto sessuale. L’ultima lite tra Israele ed Egitto? Non si è accesa per motivi strettamente politici, ma ha i contorni sinuosi delle ballerine di danza orientale. Al centro del dibattito c’è infatti il IV festival internazionale di danza del ventre che si svolge a Eilat, a sud di Israele. Da una parte gli organizzatori dell’appuntamento dichiarano che proprio la posizione di Eilat, tra Giordania ed Egitto, ribadisce la diversità della danza del ventre israeliana da quella araba. Dall’altra parte, l’Egitto ne rivendica la paternità assoluta e accusa Israele di “saccheggiare” la propria eredità musicale. Tra un’accusa e l’altra, il festival si è svolto tra il 17 e il 19 gennaio e tra gli appassionati non si sono viste solo donne. Il ritorno della danza del ventre ha coinvolto infatti anche gli uomini (vedi il video qui sotto), anche se questa non è esattamente una novità: già tra il 1834 e il 1849 le danzatrici (ghawazee) erano state bandite dalla città del Cairo. Si riteneva infatti che le loro esibizioni esponessero troppo le donne e, per un certo periodo, a loro furono preferiti danzatori maschi.

Una performance di uno dei ballerini (maschi) più famosi, Tito Seif, il quale si esibisce sempre con un lungo caftano (il galabiyah).

Ma qual è la storia che si cela dietro i veli delle danzatrici del ventre? Ecco la ricostruzione di Focus Storia. Era l’estate del 1893, il luogo era Chicago e il contesto quello del World’s Columbian Exposition, l’esposizione universale per l’anniversario della scoperta dell’America. Una piccola folla di uomini si accalcava entusiasta di fronte a uno spettacolo mai visto prima. I loro occhi erano stati rapiti dalla sinuosa bellezza di alcune danzatrici egiziane che si esibivano in un padiglione dall’esotico nome di “Una strada del Cairo”. Tra quelle ballerine, la più abile e fascinosa portava il nome di Fahreda Mahzar, e stava mostrando per la prima volta agli Stati Uniti d’America le meraviglie della raqs al sharqi, la “danza orientale”.


Antico rito Per sapere quale storia si celasse dietro i seducenti movimenti di quella danzatrice bisogna fare qualche passo indietro nel tempo. Rintracciare una località e una data precise a cui far risalire la nascita della danza del ventre (nome col quale è oggi più conosciuta la danza orientale) è per la verità impossibile. «La cosa certa è che le sue radici appartengono a più culture e sono antichissime» spiega Maria Strova, autrice del libro Il linguaggio segreto della danza del ventre (Macro Edizioni). Alcuni studiosi la collegano addirittura ai ritrovamenti di statuine “dal ventre fertile” databili a 20 mila anni fa, come la Venere Laussel, un modello primordiale di fertilità e femminilità dai fianchi larghi. Ma la maggior parte degli esperti ne attribuiscono l’effettiva origine alle cerimonie religiose praticate dalle donne dell’antica Mesopotamia in onore alla dea-madre Ishtar (Inanna per i Sumeri). A lei si rivolgevano le sacerdotesse attraverso danze propiziatorie, per invocare la fertilità della terra e del ventre femminile. Le movenze cercavano quindi di imitare le forme e i ritmi della natura, come le onde del mare, le fasi lunari, l’uovo o il serpente; mentre altre evocavano esplicitamente il parto o l’atto sessuale: in questa ottica vanno interpretati i movimenti (shimmy) dei fianchi e del bacino, fatti vibrare e sussultare velocemente.


Ombelichi al vento: la danza del ventre sbarca in Europa

Gli Europei scoprono la sensuale danza orientale solo nel XIX secolo, ma quella che si diffuse in Occidente era una danza quasi del tutto spogliata da ogni residuo di sacralità.


Il veicolo turco La diffusione di questa danza rituale in nuovi contesti geografici si dovette all'espansione dell’Impero ottomano (XIV-XX secolo): fu infatti in questo periodo che cominciò a essere conosciuta nei vari territori sottoposti al potere dei sultani, dall’attuale Albania fino al Marocco. La danza del ventre divenne così patrimonio culturale di nazioni come l’Algeria, l’Egitto, l’Iraq, la Grecia, il Marocco e la stessa Turchia, assumendo ogni volta uno specifico stile. Nel suo lungo cammino si allontanò però dalla forma originaria di rito propiziatorio e religioso, tramutandosi in pura forma di intrattenimento. Simboli di questo nuovo corso furono senza dubbio gli harem, dove venivano portate le danzatrici più belle e sensuali.

Donne da sogno Gli europei scoprirono l’esistenza della danza orientale solo a partire dal XIX secolo, attraverso i resoconti degli avventurieri francesi al seguito di Napoleone nella campagna d’Egitto. Quella che si diffuse in Occidente era una danza ormai spogliata da ogni residuo di sacralità. Il suo contesto da “mille e una notte” fu anzi fonte di ispirazione, in epoca romantica, per molti scrittori e pittori, i cosiddetti “orientalisti”, che usarono danzatrici spesso nude e lascive per illustrare un Oriente che in realtà non avevano mai visto. Questa visione desacralizzata della danza orientale venne accentuata col suo arrivo negli Stati Uniti. Dopo la folgorante apparizione all’Esposizione di Chicago, Fahreda Mahzar iniziò a esibirsi in giro per il Paese con il soprannome di “Little Egypt”, presto seguita da centinaia di altre ballerine «anche se spesso quegli spettacoli da cabaret non avevano nulla a che fare con la danza del ventre, presa a pretesto per show erotici destinati a un pubblico di soli uomini» puntualizza Maria Strova. Il cinema di Hollywood fece il resto, esaltando l’immagine torbida di quella danza e delle sue belle artefici. Fu proprio nell’ambito degli spettacoli americani che il costume delle danzatrici si ridusse fino al classico “due pezzi” e iniziò a essere adornato nella maniera che oggi conosciamo, con pendagli, frange e paillette: accessori utili a esasperare i movimenti del bacino e, soprattutto, ad attirare gli occhi degli spettatori.


Il ballo di Naima Akif, attrice e ballerina di danza del ventre. È tratto da uno dei suoi film in cui mostrava tutte le sue doti di danzatrice.


Snodate Erano stati proprio i movimenti isolati dell’addome a impressionare i primi viaggiatori francesi e inglesi, che chiamarono danse du ventre o belly dance la danza orientale. Nelle loro descrizioni si trovano peraltro delineate due tipologie diverse di danzatrici: le almée e le ghawazy. Le prime erano ballerine colte e raffinate, che oltre a danzare scrivevano poesie e componevano musica. Le ghawazy (termine generalmente tradotto con “zingare”) erano invece donne nomadi appartenenti a tribù berbere, contraddistinte da uno stile più approssimativo, dal volto truccato e dall’uso di numerosi braccialetti e anelli.

Ombelichi al vento: la danza del ventre diventa "un classico"

Nel Novecento le ballerine di danza orientale richiamano estimatori anche nei locali notturni del Cairo. Oggi si balla anche... in sala parto.



Danza del ventre: non solo per il tempo libero. Negli Stati Uniti alcune donne la usano per facilitare il parto naturale.


Personalizzazioni A dare nuova vitalità alla danza orientale contribuì dal 1930 il Casino Badia, un locale fondato al Cairo da Badia Masabni, ballerina rimasta celebre per l’introduzione di passi provenienti dal balletto classico. Tra le sue allieve vi fu Samia Gamal, famosa invece per l’uso di un velo attorno ai fianchi, di cui spogliarsi durante lo spettacolo. Negli anni Sessanta, nel pieno della rivoluzione sessuale e dell’infatuazione per l’oriente, la sensualità di questa danza fu fatta propria da molte donne negli Stati Uniti e in Europa. Passata di moda con i “figli dei fiori”, la danza del ventre ha conosciuto in questi ultimi anni una riscoperta, invadendo non solo palestre e balere ma persino sale parto. Succede negli Usa, dove alcune sostenitrici del parto naturale hanno recuperato il suo antico significato di rituale legato alla maternità. Pare che i tipici movimenti rotatori e ondulatori della danza del ventre servano a rilassare i muscoli e i legamenti della regione pelvica, attenuando il dolore delle contrazioni e facilitando persino l’espulsione del nascituro.



Le movenze sinuose di Beba Ezzedine nel locale fondato al Cairo da Badia Masabni, conosciuto anche col nome di Casino: la ballerina, famosa tra gli Anni '30 e '50, comprò il locale di Badia Masabni, dopo che questa si trasferì in Siria.


Autore: Matteo Liberti






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